Sin dalla sua prima lettera pastorale, durante la Quaresima del 1934, il novello vescovo non esitò a smascherare l’ideologia neopagana insita nel nazionalsocialismo. Ancora negli anni seguenti continuò a prendere posizione in favore della libertà della Chiesa e delle associazioni cattoliche e per la salvaguardia dell’insegnamento della religione nelle scuole e sferrò apertamente alcune pesanti accuse al regime nazionalsocialista: discriminazione della razza, imprigionamento e uccisione di cristiani in odio alla loro fede.
Eco mondiale trovarono poi tre prediche tenute nel 1941 dove non mancò di denunciare le violazioni compiute dallo Stato e di rivendicare il diritto alla vita, all’inviolabilità ed alla libertà. Condannò inoltre aspramente la teoria dell’uccisione delle vite improduttive e ritenute senza valore.
Il regime si sentì profondamente colpito nell’intimo ed ipotizzò l’arresto e l’omicidio di Von Galen. Si temette però che la popolazione cattolica della diocesi di Münster si fosse prontamente ribellata e si optò allora per deportare nei campi di concentramento ben 24 sacerdoti secolari e 18 religiosi, tra i quali poi una decina morirono martiri. Il vescovo si dimostrò angustiato per questa abominevole sostituzione.
Nei difficili mesi del dopoguerra Clemens August von Galen continuò ad essere il punto di riferimento di tutti coloro che si trovavano in un qualsiasi stato di necessità e di precarietà.
Modello di cristiana franchezza, la sua posizione di credente al cospetto di Dio costituì il fondamento della sua intrepida testimonianza dinnanzi agli uomini. L’inflessibile opposizione del cardinale tedesco contro le ingiustizie e la disumanità del nazionalsocialismo non sarebbero giustificabili se non con la forza dalla sua profonda fede.
Il novello beato può dunque tornare ad essere ancora oggi un modello di franchezza cristiana, non più contro un tiranno nella forma di un dittatore e del suo partito, quanto piuttosto contro la dittatura del “sì” alla moda ed all’opinione pubblica, e può concretamente indicare a quale fonte attingere la forza necessaria, cioè la fede e la devozione.
*La Parola di Dio non si risolve in astrattismi fideistici inconcludenti; né nella vaghezza dell'approssimazione; e neppure nelle lotte ecclesiali che ripetono le divisioni del Secolo; e neanche nell'arte, per quanto alto possa esserne il livello, perché la Parola ha una valenza morale, non estetica. La Parola non è soggetta alla moda, né al senso comune, neppure ai piaceri psicologici o intelletivi, o della carne; non ha bisogno di un palcoscenico, né della politica, né dei sindacati, dei dei ricchi e neppure dei poveri... La Parola semplicemente "E'" e non può non essere: tocca all'uomo conoscerla, innanzi tutto, poi decidere se seguirla o ignorarla. Sì perché la Bibbia ci insegna a vivere, non solo per una promessa escatologica di un paradiso lontano, ma già in questa dimensione che è il nostro quotidiano, se vivere in un inferno o cominciare a provare la gioia e la serenità di cui essa solo è garante.