- Lodovico ben comprese le condizioni dei giovani poveri e disadattati che finivano col trascorrere una vita sregolata, fino al delitto. L’unica soluzione prospettata dall’autore era aprire scuole dove potessero ricevere gratuitamente una buona istruzione e, in parallelo, imparare un mestiere.
- Cominciò quindi ad aiutare padre Pietro Guzzetti, che da otto anni dava ospitalità ai giovani poveri e aveva fondato quattro oratori in altrettante zone di Brescia; e decise di fondarne uno in prima persona. Non si fermava, però, a quelli che venivano da soli: andava personalmente a cercare quelli più abbandonati.
- Il nuovo vescovo monsignor Nava lo volle come suo stretto collaboratore senza che lasciasse però i suoi oratori, un impegno sempre più gravoso da quando nel 1817 era morto padre Guzzetti.
- Lodovico iniziò a stendere un regolamento per il suo oratorio, tenendo ben presente che i suoi giovani, molto spesso, quando iniziavano a lavorare, finivano con l’abbandonare gli insegnamenti che aveva loro impartito: era necessaria un'opera meglio strutturata per non salvare solo i giovani dalla delinquenza, ma per farli crescere anche da buoni cristiani.
- Per questo motivo, pensò di creare un Collegio per gli orfani, o i trascurati da propri genitori venissero raccolti, gratuitamente mantenuti, cristianamente educati, e fatti abili in qualche arte, al fine di essere formati cristianamente, e diventare utili alla società, e allo Stato». Don Lodovico arrivò a vendere la sua parte di eredità e a impiegare il suo stipendio di canonico per finanziare l'opera e lui stesso, con l’aiuto di qualche giovane, s’improvvisò muratore e falegname.
- Il “Pio Istituto S. Barnaba” iniziò quindi le sue attività nel 1821 e tre anni dopo, nel 1824, entrò in funzione la prima scuola tipografica italiana. Dieci profili professionali erano presentati ai giovani allievi: tipografo, legatore di libri, cartolaio, fabbro ferraio, falegname, argentiere, intagliatore, tornitore, calzolaio e sarto.
Qui i ragazzi poveri e abbandonati dovevano trovarvi «non solamente [...] un pane, un vestito ed una educazione nelle lettere e nelle arti, ma il padre e la madre, la famiglia, di cui la sventura li ha privati, e col padre, la madre, la famiglia tutto ciò che un povero poteva ricevere e godere».
- nel 1836 una giovane di 22 anni, Paola di Rosa, figlia di un imprenditore amico del padre di don Lodovico, si diede all’assistenza e alla cura dei colerosi: in seguito fondò le Ancelle della Carità di Brescia e assunse il nome di suor Maria Crocifissa (è stata canonizzata nel 1954). L’anno successivo, il sacerdote accettò di ospitare anche alcuni ragazzi sordomuti, perché imparassero un mestiere accanto agli altri; lui stesso cercò d’imparare il linguaggio dei segni, per mettersi al loro livello.
- Già nel 1825 don Lodovico aveva iniziato a pensare a come dare continuità alla sua opera: la Congregazione dei Figli di Maria.
- I moti per l’indipendenza italiana, partiti nel 1848, toccarono anche Brescia. Padre Lodovico cercò di frenare le intemperanze dei suoi giovani, ma cominciò a considerare la possibilità di metterli in salvo. In questo spericolato proposito
lLa sua salute uscì gravemente compromessa da quello strapazzo, si ammalò e andò in contro alla morte anzi tempo. Queste le ultime parole: Alzate gli occhi al cielo. Abbiate spirito di fede e di carità.
2Corinzi 12,20
Temo infatti che, venendo, non vi trovi come desidero e che a mia volta venga trovato da voi quale non mi desiderate; che per caso non vi siano contese, invidie, animosità, dissensi, maldicenze, insinuazioni, superbie, disordini...
1Timoteo 2,8
Voglio dunque che gli uomini preghino, dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure senza ira e senza contese...
2Timoteo 2,23
Evita inoltre le discussioni sciocche e non educative, sapendo che generano contese...
Tito 3,2
di non parlar male di nessuno, di evitare le contese, di esser mansueti, mostrando ogni dolcezza verso tutti gli uomini...
Tito 3,9
Guàrdati invece dalle questioni sciocche, dalle genealogie, dalle questioni e dalle contese intorno alla legge, perché sono cose inutili e vane...
*La Parola di Dio non si risolve in astrattismi fideistici inconcludenti; né nella vaghezza dell'approssimazione; e neppure nelle lotte ecclesiali che ripetono le divisioni del Secolo; e neanche nell'arte, per quanto alto possa esserne il livello, perché la Parola ha una valenza morale, non estetica. La Parola non è soggetta alla moda, né al senso comune, neppure ai piaceri psicologici o intelletivi, o della carne; non ha bisogno di un palcoscenico, né della politica, né dei sindacati, dei dei ricchi e neppure dei poveri... La Parola semplicemente "E'" e non può non essere: tocca all'uomo conoscerla, innanzi tutto, poi decidere se seguirla o ignorarla. Sì perché la Bibbia ci insegna a vivere, non solo per una promessa escatologica di un paradiso lontano, ma già in questa dimensione che è il nostro quotidiano, se vivere in un inferno o cominciare a provare la gioia e la serenità di cui essa solo è garante.