Luisa de Marillac e Artemide Zanetti - Studi, musica e cultura

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Luisa de Marillac e Artemide Zanetti

STORIA ALTERNATIVA 1
LA STORIA ALTERNATIVA*:
LUISA DE MARILLAC (1591 - 1660) E ARTEMIDE ZATTI (1880-1951)
La santità dei piccoli



Santa Luisa de Marillac, vedova e religiosa (1591-1660)

- L'incontro con S. Vincenzo de' Paoli darà il definitivo orientamento nella via del bene al quale vuole consacrarsi. Sorge la Congregazione delle Figlie della Carità. Alle prime giovani contadine, giacché furono bonnes filles de champ le sue prime Suore, così diceva: «Onorate anche i malati e considerateli come i vostri padroni».
- Le Figlie della Carità avranno per monastero una casa di malati, per cella una camera in affitto, per chiostro le strade della città o le sale degli ospedali, per clausura l'obbedienza, per cancello il timor di Dio, per velo la santa modestia. Idee queste del tutto rivoluzionarie in quell'epoca.
- Passando gli anni le opere si moltiplicano: l'assistenza ai vecchi, piccole scuole, ricoveri ai ragazzi senza tetto e il difficile apostolato fra i galeotti.
 

Artemide Zatti (1880-1951)

- Artemide Zatti nacque a Reggio Emilia nel 1880. Costretta dalla povertà, la famiglia Zatti, agli inizi del 1897, emigrò in Argentina.  Artemide prese subito a frequentare i Salesiani, trovando in Don Carlo Cavalli, uomo pio e di una bontà straordinaria, il suo direttore spirituale. Fu questi ad orientarlo verso la vita salesiana a 20 anni.
- Assistendo un giovane sacerdote affetto da tisi, ne contrasse la malattia. L'interessamento paterno di Don Cavalli lo diresse alla Casa salesiana di Viedma in un ospedale missionario retto da un bravo infermiere salesiano, che in pratica fungeva da medico, padre Evasio Garrone. Qui Artemide credette, promise, guarì.
- La sua strada ormai era tracciata con chiarezza ed egli le intraprese con entusiasmo. Accettò con umiltà e docilità la non piccola sofferenza di rinunziare al sacerdozio. Emise come confratello laico la professione perpetua nel 1911.
 - Si occupò in un primo tempo della farmacia annessa, ma poi quando nel 1913 morì Padre Garrone, tutta la responsabilità dell'ospedale cadde sulle sue spalle. Ne divenne, infatti, vicedirettore, amministratore, esperto infermiere stimato da tutti gli ammalati e dagli stessi sanitari che gli lasciavano man mano sempre maggiore libertà d'azione.
Il suo servizio non si limitava all'ospedale ma si estendeva a tutta la città. In caso di necessità si muoveva a ogni ora del giorno e della notte, con qualunque tempo, raggiungendo i tuguri della periferia e facendo tutto gratuitamente. La sua fama d'infermiere santo si diffuse per tutto il Sud e da tutta la Patagonia gli arrivavano ammalati.
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- Il buon pastore, infatti, non rimane chiuso al sicuro nel suo pollaio e non si circonda dei polli più devoti per consolarsi dell’assenza del gregge, anzi:
Il buon pastore offre la vita per le pecore. (Gv.10,14)
- ed è assillato per i figli che gli sono stati affidati: non si confonda quest’ansia giustificatissima con l’altra, legata ai beni di questo mondo, e condannata da Gesù. Paolo, infatti, confessa il suo assillo quotidiano per le Chiese, i suoi fedeli, le pecore affidate alla sua guida:
E oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese. (2 Cor.11,28)
- Se il buon pastore non va incontro al lupo per difendere il suo gregge - concludono i Libri - certamente non è un pastore ma un mercenario:
Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde. (Gv.10,12)
- L’Antico Testamento a riguardo è molto severo:
Guai al pastore stolto che abbandona il gregge! Una spada sta sopra il suo braccio e sul suo occhio destro. Tutto il suo braccio s’inaridisca e tutto il suo occhio destro resti accecato». (Zc.11.17)
Tutta questa digressione per sostenere su fondamenti scritturali che a volte le nostre comunità parrocchiali sono diventate non degli ovili ma dei pollai, chiusi, asserragliati e barricati, dove il pastore con i suoi collaboratori non s’interessa minimamente delle pecore sperdute (se non arriva a sperderle lui per primo). Insomma sono le pecore, secondo certe teorie, che dovrebbero cercare il pastore non viceversa.
Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo… (Mt.28,19)

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- Artemide Zatti amò i suoi ammalati in modo davvero commovente. Vedeva in loro Gesù stesso, a tal punto che quando chiedeva alle suore un vestito per un nuovo ragazzo arrivato, diceva: «Sorella, ha un vestito per un Gesù di 12 anni?».
Matteo 25,40
Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a
uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.
Matteo 25,45
In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me.
Attenzione a che cosa s'intende per "POVERI IN SPIRITO" e al trabocchetto che il mondo tende ai cristiani di oggi con questo termine polivalente.
 
- Fedele allo spirito salesiano e al motto lasciato in eredità da Don Bosco ai suoi figli – «lavoro e temperanza» – egli svolse un'attività prodigiosa con abituale prontezza d'animo, con eroico spirito di sacrificio, con distacco assoluto da ogni soddisfazione personale, senza mai prendersi vacanze e riposo.
Non mi sono seduto per divertirmi nelle brigate di buontemponi, ma spinto dalla tua mano sedevo solitario, poiché mi avevi riempito di sdegno. (Ger.15,17)
 
- Fu soprattutto un uomo di Dio. Egli Lo irraggiava. Un medico dell'Ospedale piuttosto incredulo, diceva: «Quando vedo il signor Zatti la mia incredulità vacilla». E un altro: «Credo in Dio da quando conosco il signor Zatti».
- Nel 1950 si manifestarono i sintomi di un cancro che egli stesso lucidamente diagnosticò. Continuò tuttavia ad attendere alla sua missione ancora per un anno, finché dopo sofferenze eroicamente accettate, si spense il 15 marzo 1951


*La Parola di Dio non si risolve in astrattismi fideistici inconcludenti; né nella vaghezza dell'approssimazione; e neppure nelle lotte ecclesiali che ripetono le divisioni del Secolo; e neanche nell'arte, per quanto alto possa esserne il livello, perché la Parola ha una valenza morale, non estetica. La Parola non è soggetta alla moda, né al senso comune, neppure ai piaceri psicologici o intelletivi, o della carne; non ha bisogno di un palcoscenico, né della politica, né dei sindacati, dei dei ricchi e neppure dei poveri... La Parola semplicemente "E'" e non può non essere: tocca all'uomo conoscerla, innanzi tutto, poi decidere se seguirla o ignorarla. Sì perché la Bibbia ci insegna a vivere, non solo per una promessa escatologica di un paradiso lontano, ma già in questa dimensione che è il nostro quotidiano, se vivere in un inferno o cominciare a provare la gioia e la serenità di cui essa solo è garante.

 
 
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