- Maria Anna, una volta libera di volare dove la vocazione la spinge, comincia con l’aprire una scuola gratuita per le ragazze povere o non accompagnate: si è accorta infatti di quanto l’ignoranza le esponga maggiormente allo sfruttamento e alla sottomissione di persone senza scrupoli, che a fine Ottocento già non mancano.
http://www.studimusicaecultura.it/per-una-scuola-cattolica-tra-le-piaghe-della-chiesa.html
- Sono così gettate le basi delle “Figlie Povere di San Giuseppe Calasanzio”. E’ un progetto che le nasce in cuore dettato dal bisogno, che però ha tutta l’approvazione e il necessario accompagnamento di padre Celestino Zini, in omaggio al quale lei, insieme ai voti, prende il nome di Celestina.
- La sua attenzione si concentra subito sulle figlie dei detenuti, che oltre alla povertà hanno spesso alle spalle una miseria morale insieme alla mancanza della figura paterna. Fa, cioè, a Firenze quanto a Pompei sta facendo il beato Bartolo Longo per i figli dei detenuti, ma è un intervento che ancora suscita diffidenza e scandalo, tanto è poca la considerazione che all’epoca si ha per chi è in carcere. Ci vuole tempo e pazienza perché Madre Celestina riesca a far convergere sulla sua opera la beneficenza dei ricchi fiorentini.
- I debiti sono i suoi più fedeli compagni, che però non la fanno vergognare di tendere continuamente la mano, per quei soldi non bastano mai.
- Alle sue suore insegna che “le bambine sono il tempio della SS. Trinità”, che bisogna “venerare in loro l’infanzia di Gesù e per questo non siamo degne di stare loro appresso”, mentre raccomanda di mettere un “supplemento d’anima” in quello che fanno, perché il loro non sia semplicemente un intervento “sociale”.
- Madre Celestina Donati muore il 18 marzo 1925; le sue suore, ora appena un centinaio, sono presenti in Italia, Brasile, Salvador, Romania, come lei sempre a servizio dei poveri più poveri.
*La Parola di Dio non si risolve in astrattismi fideistici inconcludenti; né nella vaghezza dell'approssimazione; e neppure nelle lotte ecclesiali che ripetono le divisioni del Secolo; e neanche nell'arte, per quanto alto possa esserne il livello, perché la Parola ha una valenza morale, non estetica. La Parola non è soggetta alla moda, né al senso comune, neppure ai piaceri psicologici o intelletivi, o della carne; non ha bisogno di un palcoscenico, né della politica, né dei sindacati, dei dei ricchi e neppure dei poveri... La Parola semplicemente "E'" e non può non essere: tocca all'uomo conoscerla, innanzi tutto, poi decidere se seguirla o ignorarla. Sì perché la Bibbia ci insegna a vivere, non solo per una promessa escatologica di un paradiso lontano, ma già in questa dimensione che è il nostro quotidiano, se vivere in un inferno o cominciare a provare la gioia e la serenità di cui essa solo è garante.